martedì 29 marzo 2016

TERZO To Do

La fascia verde sul monte - Di vedetta




Cerco un momento di serenità e silenzio per potermi fermare e pensare al luogo più significativo e impressionante della mia infanzia, un posto che riflettendoci costituisce per me l’ideale.. un posto utopico, magico, magari scorto per caso, legato a ricordi e dolci momenti.
Chiudo gli occhi, il mondo rallenta, il tempo si ferma e mi trovo là.. Pesco nei ricordi quel giorno in cui i miei decisero di trascorrere una serena giornata in famiglia in un posto fuori città.
Capitava sempre che in queste circostanze non si sapesse dove andare per far contenti tutti, i miei genitori, me e mia sorella. Sono certa che da poco mi avessero raccontato di quando mio padre da ragazzo era stato mandato da mia nonna, su consiglio del prete del quartiere, a fare volontariato a Tuscania, subito dopo il terremoto che afflisse questo gioiello di cittadina. Sarebbe stata un’esperienza importante e formativa, le disse il prete, per fuggire dai semplici problemi quotidiani, per capire che ci sono drammi più grandi dei tuo al mondo e che fa bene all’animo aiutare la gente. Mio padre appena sedicenne andò e si portò dietro il fratellino, mio zio (mentalità d’altri tempi..).
Forse, ripensando a questo racconto, a mio padre venne in mente quel giorno di portarsi moglie e figlie in quel posto dove aveva aiutato da ragazzo. Era una bella giornata, forse un giorno di festa, magari una domenica, mio padre lavora tutti i giorni..doveva essere una domenica.
Onestamente ricordo che andai un po’ scettica: in miei genitori sono amanti di architettura, d’arte.. ora posso dire di trovarmi in linea con queste passioni, ma per una bambina finiva sempre in scampagnate lunghe in cui facevano male i piedi o in posti dove bisognava stare in silenzio e composti.. Insomma tutto bello, ma un po’ mi annoiavo alla fine.
Quel giorno però fu diverso..
Tuscania, per inquadrare un po’ il luogo, è un comune di poco più di 8000 abitanti della provincia di Viterbo, che come tipico di questa zona sorge su dei promontori di roccia  tufacea, posti tra i fiumi Marta e Capecchio. Da qui, posta in alto, si permetteva il controllo di tutta la zona circostante. In origine nato come assemblaggio di piccoli villaggi etruschi e poi diventato punto di controllo di scambi commerciali importanti, Tuscania appare un piccolo gioiello ricco di storia.
Tornando al primo ricordo che ho di questo luogo, ho memoria del fatto che facemmo una passeggiata nella Tuscania Vecchia e un percorso tra le rocce tufacee con degli affreschi che costeggiava le mura. D’un tratto, attraverso una porta, vedemmo una fontana in un giardino, e dietro paesaggio in lontananza.. sembrava il limite di qualcosa.. ed effettivamente era così: oltrepassando quella porta si aveva accesso ad un giardino, una fascia verde che costeggiava la cinta muraria della Vecchia Tuscania e da lì, in alto, si apriva una vista mozzafiato: si vedevano i ruderi della parte più antica della città, la campagna aperta, credo all’orizzonte si scorgesse anche la linea luccicante del mare …
Era bellissimo, suggestivo e significativo per i miei occhi da bambina..
E non era tutto semplicemente a vista, ma si aveva un profondo senso di continuità! Erano stati da poco fatti degli interventi di riqualificazione ad una torretta della cinta muraria, che era tutta affrescata al suo interno.. Con l’intervento si consentiva il collegamento diretto dal sottostante parcheggio al giardino. Una volta saliti in cima ci si immetteva in un percorso che costeggiava le mura tufacee per tutta la lunghezza della fascia verde. Il sentiero proseguiva poi oltre per un lungo tratto in discesa fino a connettersi  con la parte vecchia della città, in lontananza.. Da lì la campagna e i ruderi si compenetravano.. era tutto in continuità, tutto armonicamente collegato.
E non finisce qui il fascino che mi suscitava questo posto: ero bambina e nel parco vedevo ovviamente un posto dove poter giocare, io e mia sorella.
Vi era nel parco un ridisegno della continuità prima descritta nella percezione del paesaggio.. Ci stavano più sentieri che lo attraversavano, dei percorsi per evitare logicamente di calpestare troppo l’erba e tutti si riconnettevano nei punti dove c’era qualcosa su cui potersi soffermare..
Vi era una grande fontana, quella che vidi dalla porta prima di entrare. Se realmente fosse grande, sinceramente, non lo so..io me la ricordo grande..molto semplice, grigia, in peperino credo o se non altro in pietra, tipo quelle di Viterbo. Mi sembrava tutto molto familiare lì infatti, mi sentivo a mio agio. Ricordo che dentro la fontana ci stavano dei pesciolini rossi..di quelli grossetti, di solito ci stanno sempre nelle fontane o nei laghetti dei parchi.. Ora che ci penso questa cosa mi fa pensare a mia nonna, sempre quella che aveva mandato papà a fare volontariato, perché quando mi portava a fare le passeggiate al parco aveva sempre dietro qualcosa per farmi fare merenda, tipo i crachers, e quando trovavamo i pesciolini o qualche oca (ci sta un parco a Viterbo dove stanno delle oche, me le ricordo pure cattive), mia nonna mi dava sempre un quadratino da sbriciolare e dare ai pesciolini. Evidentemente questa cosa è successa pure lì a Tuscania, sono quasi certa.. Ricordo inoltre che la fontana mandava un po’ di schizzi sul sentiero, che quando ci passavi vicino dovevi stare un po’ attento e evitare di passare nel raggio dello schizzo..  Ah ora ricordo! Ho immagini del posto come se le vedessi in velocità, un po’ come se corressi: in effetti in quel periodo mi regalarono un monopattino, il nonno mi pare, e quei sentieri ben curati, piastrellati, lisci erano l’ideale per scorrazzarci con il monopattino. E ogni volta che tornavamo a fare una passeggiata da quelle parti costringevo i miei a portare il monopattino così da poterlo usare. Inoltre credo ne avessimo solo uno: io sono più grande di mia sorella e lo avevano regalato solo a me, perché lei era troppo piccola per giocarci.. mi ricordo però che questa cosa non le andava giù e quindi ogni tanto dovevo fermarmi e farci giocare lei, sinceramente una gran seccatura.. Sicuramente la mamma poi le stava dietro con attenzione preoccupata..non si sa bene per cosa, perché come detto, era tutto molto sicuro.. ma ripeto, questo è quello che ricordo io. Però insomma lì potevo giocare, mi ricordo i sinuosi percorsi del parco attraversati velocemente con il monopattino e dei punti qui è lì dove mi ero fermata per dare il cambio a mia sorella.
Un altro punto centrale del parco era una cavea, composta da pochi gradoni in realtà, su cui la gente si metteva a chiacchierare e al centro ci stavano sempre dei bambini piccoli a giocare sotto la stretta sorveglianza dei genitori lì seduti. In verità per quanto fosse carina non mi ci ero mai soffermata troppo, perché normalmente ci stava sempre molta gente, anche i miei genitori si sedevano là quando volevano fermarsi, mentre io preferivo gironzolare in pace e vedere cosa ci stava intorno..
Ricordo nettamente che ci stava un gran profumo di piante e fiori, dava idea di essere un posto sereno, sano, naturale, familiare.
Era ben curato, estremamente pulito..
Nel giardino tornammo moltissime volte, mi piaceva tanto e ad ogni occasione, magari la domenica oppure dei giorni di festa, chiedevo di poter passare per là..
Una volta di queste andammo a fare una passeggiata in tarda mattinata, e ci fermammo a pranzo in una trattoria che si trovava appena fuori dal giardino.. Sembra sciocco descrivere questa cosa, ma credo fosse la prima volta che mangiai un dolce con il caramello, perché nonostante siano passati molti anni mi ricordo perfettamente che avevo preso un dolce gelato che sopra aveva tutti fili di caramello solidificato: sembrava una scultura, mi dispiaceva mangiarlo! E sono certa lo avessi ordinato proprio per provare il caramello che non conoscevo.. Dopo aver pranzato ce ne andammo al mio adorato parco a fare una passeggiata “pe smaltì”, dicevamo scherzando quando uscivamo la domenica pomeriggio.
Mi ricordo che rimanevamo fino al tramonto ogni volta, giusto in tempo per vedere l’incredibile spettacolo del parco colorarsi di un tono arancio.. Anche tutto il paesaggio e le rocce tufacee delle mura e dei ruderi in lontananza diventavano luminosi e suggestivi, era come essere in un dipinto, dove tutte le cose erano più belle, illuminate e sfumate. Ogni colore era più caldo e ogni ombra era più intrigante, me lo ricordo proprio così, come fosse ieri..e il volto della mamma contro luce, che guarda verso l’orizzonte, e papà con i suoi baffoni che mi sorride e cerca di farle qualche foto..
Mi sento commossa a ricordare, mi sorprende pensare a quanto mi piacesse, a quanto tempo è che non ci torno, a quanto pur essendo piccola mi avesse colpito tantissimo..
Un posto bello ed impressionante, il luogo ideale per me.




Dopo aver ripescato nella mia memoria questo luogo fantastico, ho provato ad adattare i temi forti che lo distinguono all'area di studio che ho scelto.
Mi sono resa conto che, anche se in scala molto diversa, la mia scelta dell'area è stata molto condizionata sin da subito dalla mia propensione a caratteristiche riconducibili al luogo del mio imprinting...posso dire che in fondo sono sempre stata inconsciamente guidata da una mia ispirazione di fondo, che nasce da quando ero bambina...impressionante!
Questo mi stimola a pensare sia alle caratteristiche comuni, sia a come si può adattare e sfruttare queste caratteristiche per fare un buon progetto.
 

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